Necessità di competenze interdisciplinari

In questa nostra epoca siamo testimoni, più che mai, di un rapido sviluppo di varie discipline, tra le quali spiccano l’informatica, l’elettronica, la matematica, la statistica, la biologia, la medicina, la finanza e molte altre.

Grazie a questo, la qualità della nostra vita sta progressivamente migliorando, ma il prezzo da pagare, dal punto di vista lavorativo, è che sempre di più le competenze interdisciplinari sono richeste ai lavoratori e alle aziende. Che siamo programmatori, economisti, matematici o qualcos’altro, poco importa… il confine tra le professioni, che una volta era relativamente netto, ora sta sfumando. Un progettista informatico che va a lavorare su progetti finanziari e non conosce nulla della finanza, della matematica finanziaria e della statistica è già con un piede fuori da quella azienda. Per il momento lo salva, forse, e solo temporraneamente, il fatto che non è l’unico in quella situazione e che le persone con competenze interdisciplinari sono difficili da trovare. Così le aziende attingono alle risorse che il mercato offre (chiamiamo queste “bassa manovalanza informatica”), con tutte le limitazioni della situazione. Ma questo stato di cose è destinato a cambiare.

La situazione è simile anche per le altre figure professionali: al matematico si chiede anche, sempre di più, di implementare i suoi modeli matematici con strumenti informatici, e di fare le verifiche dei teoremi con programmi fatti apposta. Se non è capace, può andarsene a casa e avanti il prossimo. Al biologo si richiedono competenze informatiche per analizzare i genomi e le proteine, ovvero le competenze in bioinformatica. Un programmatore al quale è stato richiesto di sviluppare progetti con programmi integrati nei circuiti elettronici, se non sa come funziona una resistenza o un diodo Zener o varicap, se non ha chiari i concetti di tensione e di intensita di corrente, è nei problemi. L’esperto di finanza, se non è in grado di implementare i meccanismi di apprendimento automatico dei programmi per eseguire delle regressioni atte a fare le stime dei futuri valori dei titoli in borsa, non sarà uno di quei pochi fortunati che resteranno, ma dovrà unirsi alla fila di tutti quelli ai quali è stata indicata la porta.

E che dire di quei programmatori che devono fornire le prove della totale assenza di difetti nei loro programmi, per esempio quelli per controllo di centrali nucleari, o nei programmi integrati negli strumenti medici, o nel campo dell’industria avionica oppure automobilistica? O programmi che eseguono transazioni finanziarie di valori miliardari? E’ evidente che tutti questi programmi devono essere assolutamente privi di difetti e che i soliti processi di controllo di questi programmi, basati su verifiche unitarie e su sviluppo guidato dalle verifiche non sono assolutamente sufficienti, ma ci vogliono anche competenze avanzate in logica, matematica e di strumenti di verifiche formali del codice sviluppato. I programmatori che non possiedono queste competenze non potranno mai lavorare nei settori menzionati, ma al massimo potranno ambire a un posticino in una squallida azienducola che sviluppa sitarelli e app mobili, per cifre come mille euro al mese. Se gli va bene, dato che per molti anche questa cifra è un miraggio, e devono accontentarsi di fare la “gavetta” (è quello che gli viene detto) con soli buoni pasto e/o rimborso spese di trasporto come retribuzione.

Il problema è - fino a un certo punto - mitigato, oltre che dalla menzionata scarsità delle figure professionali con competenze interdisciplinari, anche dall’esistenza e dal continuo sviluppo dei moderni strumenti informatici che incorporano dei sofisticati modelli utilizzati nel settore. Così, sempre per rimanere sull’esempio nel campo della finanza, abbiamo strumenti che fanno diversi tipi di analisi, sintesi, regressioni e previsioni, incorporano complessi moduli di calcolo numerico, di analisi statistiche, di apprendimenento automatico dei programmi, di intelligenza artificiale e chi più ne ha più ne metta.

Sono da tenere in cosiderazione i seguenti fattori:

  • che c’è qualcuno che, effettivamente, ha delle competenze sopra la media, competenze interdisciplinari di ampio raggio, per sviluppare questi programmi
  • tutti gli altri - che questi strumenti li dovranno usare, devono imparare a usarli bene, se vogliono avere qualche successo nel settore, ma la loro posizione rimane comunque precaria in quanto dipendono da programmi altrui (dei quali continuano a non capire i meccanismi che stanno alla base)
  • spesso dall’ambiente universitario i laureati non sono formati per il mondo del lavoro. Spesso i corsi sono ridotti (se ci sono, cosa non scontata) a rassegne panoramiche degli strumenti disponibili, ma senza minimi approfondimenti e casi d’uso pratici. Figuriamoci, poi, se sono in grado di progettare dei programmi per il loro stesso settore
  • man mano che questi strumenti diventano più sofisticati e potenti, chi li sviluppa (perché possiede le necessarie competenze interdisciplinari) e anche una parte di quelli che questi strumenti li sanno usare bene (questi ultimi nel loro stato di eterna precarietà menzionata prima), saranno gli unici che rimarranno a lavorare ed espelleranno dal mercato i loro colleghi che queste competenze non le hanno.

Si prospetta una situazione poco invidiabile, analoga a quella che ha vissuto l’industria nella seconda metà del ventesimo secolo, che in seguito all’automazione ha portato alla strage dei “colletti blu”. Ora si prospetta un’altra strage, quella dei “colletti bianchi” (e in realtà è già in corso, sebbene in molti chiudano gli occhi per non vederla). Ma a differenza dei “colletti blu” dove “uno valeva l’altro” e licenziare uno o l’altro non cambiava niente, con i colletti bianchi la situazione sarà diversa. Rimarranno a galleggiare solo quelli più competenti. Il lato positivo è che uno può darsi da fare per entrare e rimanere tra questi. Magra consolazione per quegli altri, ma saranno loro stessi la causa del proprio male.

Un altro aspetto di questa situazione è ancora più serio, dato che si tratta di una scala più ampia: il problema menzionato non si presenta solo agli individui. Gli individui sono quelli dai quali le aziende sono costituite. La strage dei colletti bianchi porterà inevitabilmente alla strage delle aziende, intere aziende, che non hanno saputo rinnovarsi ed adattarsi ai nuovi paradigmi. Le aziende che lavorano in un determinato campo, se non sono in grado di superare i confini del proprio settore, sono destinate al fallimento. E’ difficile fare una stima di quanto tempo ci vorrà, ma quel momento si sta pericolosamente avvicinando. E un’azienda che non investe nella formazione dei suoi dipendenti sarà spazzata via dal mercato. E con il fallimento dell’azienda andranno “a spasso” i suoi lavoratori. Tutti. Che non saranno assumibili da nessun’altra azienda, in quanto non avranno competenze necessarie.

Noi siamo, però, in grado di aiutare quelle aziende che vogliono investire nella formazione, non solo quella informatica ma anche quella interdisciplinare. Per questo motivo stiamo mettendo in piedi una serie di corsi dedicati all’uso degli strumenti informatici negli specifici settori, e alla programmazione avanzata per aziende che non lavorano nel settore informatico ma questi strumenti li devono usare, e anche per aziende informatiche che fanno lavori di consulenza presso aziende non informatiche. Per visuallizare i corsi attualmente disponibili, e l’intenzione è quella di ampliare la nostra offerta, potete visualizzare le sezioni dedicate del nostro indice generale, settori e competenze interdisciplinari.