Venticinque anni fa la bolla speculativa soprannominata “DotCom” era in piena espansione. In molti credevano di aver trovato una gallina dalle uova d’oro, e altri avevano tutto l’interesse economico affinché questa idea persistesse. C’era una corsa delle aziende verso la Grande Rete, e nessuno voleva sentirsi lasciato indietro. Bastava solamente fare un sito e i soldi sarebbero cominciati a piovere. I banner pubblicitari sulle pagine web erano più venerati delle immagini sacre nei contesti religiosi. La pubblicità su Internet sarebbe stata la panacea per tutte le crisi e per tutti i mali di questo mondo. Bastava piazzare i banner ovunque possibile e i soldi sarebbero piovuti dal cielo. Qualsiasi cosa che direttamente o meno ruotava attorno alla bolla tecnologica cominciò ad acquisire valore. I valori (o meglio dire: prezzi) delle azioni delle aziende “DotCom” schizzarono alle stelle. Molti piccoli risparmiatori si fecero trascinare dall’entusiasmo e dall’ “evidenza” dei facili guadagni. I disoccupati si affrettavano a fare dei corsi di formazione per poter saltare sul carro, perché “lì c’è tanto lavoro”.
Poi la bolla è scoppiata. Le aziende “DotCom” hanno, salvo rare eccezioni, visto precipitare i valori delle loro azioni. La prima cosa che ha sofferto sono stati i portafogli dei piccoli risparmiatori. Si, sempre quelli. Poi, molte aziende “DotCom” sono fallite o sono state assorbite da altre, più lungimiranti e più ancorate alla realtà. Anche le aziende che si sono mostrate più saggie, e sono uscite senza grossi danni dalla crisi post-bolla hanno ridotto gli investimenti. I disoccupati sono in gran parte rimasti tali o si sono differenziati su altri settori. Solo una piccola parte è rimasta a lavorare nell’ ambiente.
Poi è arrivata la fase di assestamento. Il settore informatico ha ripreso a crescere, ma a ritmi più contenuti e sani (rispetto a ritmi metastatizzanti del periodo della bolla). E’ diventato chiaro a tutti (forse…) che non bastava fare un sito per arricchirsi, ma bisognava anche rimboccarsi le maniche. Ed è saltata fuori, tra l’altro, l’idea che dei banner piazzati indiscriminatamente potessero portare soldi era solo un illusione. Dipende da quale punto di vista e di quale soggetto stiamo parlando.
E con questo “assestamento” è arrivata l’illuminante soluzione. Tanto semplice quanto efficace: la pubblicità su Internet non deve essere piazzata in modo indiscriminato, bisogna profilare gli utenti, i loro interessi e le loro abitudini. In quel modo si può piazzare la pubblicità in quella fascia di consumatori chè è già potenzialmente interessata al nostro prodotto o servizio. Niente sprechi piazzando publicità a persone non interessate, giusto? Solo ai potenziali consumatori. Successo assicurato!
Questa è stata la promessa. E sotto gli occhi abbiamo le prove che questo modello funziona. Vediamo delle aziende, chiamiamole, in mancanza di un termine più appropriato, “DotComBis”, il cui fatturato raggiunge cifre stratosferiche. Queste aziende e i loro proprietari accumulano ricchezze mai viste e mai nemmeno immaginabili prima. Tutto grazie alla pubblicità mirata, almeno è quello che qualcuno vorrebbe farci credere. Durante la conferenza cercheremo anche di scoprire chi sarebbe questo “qualcuno”, e se quello che questo vorrebbe farci credere sia vero.
Le domande che in pochi, sembra, si stanno chiedendo è: “Ma è davvero così?”, “E’ quella la ragione, o almeno la ragione principale, dei fatturati astronomici delle aziende DotComBis?”, “Ma la pubblicità su Internet funziona davvero?”, “E se funziona, fino a che punto?”, “Funziona per tutti o solo per certi settori e/o per certe aziende?”, “Possiamo aumentare in qualche modo l’efficacia della pubblicità su Internet?”.
Spesso, per conformismo personale, e per poca voglia di interrogarsi e di mettersi in gioco, non ci poniamo queste domande. Ma se il futuro del nostro lavoro, delle nostre imprese e il nostro futuro individuale dipende dalle risposte, le domande ce le dobbiamo porre, eccome. Invece, in pochi si chiedono se questo modello di affari sia sostenibile. Ci sarà qualche nuovo scoppio di qualche bolla non ancora percepita come tale (ricordiamoci che anche la bolla “DotCom” da molti non era percepita come tale, prima dello scoppio)? Ci saranno altri soldi che si volatilizzeranno dalle casse della nostra azienda finendo nelle tasche di qualche personaggio scaltro?
Durante la conferenza non solo ci porremmo tutte queste domande, ma cercheremo anche, in base ai dati che sono al momento disponibili, di formare ipotesi e abbozzare anche delle potenziali risposte. Vedremo anche degli indizi che dovrebbero portarci a dubitare che la “pubblicità mirata” sia effettivamene così “mirata”, nonostante la sorveglianza a tappetto di tutti e di tutto. C’è in corso una nuova bolla? Cercheremo di scoprirlo. Scoppierà? Ne discuteremo. Ci rimetteremo dei soldi? Vi anticipiamo la risposta: SI!